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DISTURBO DISFORICO PREMESTRUALE E BIODECODIFICA:TRISTEZZA E SENSO DI COLPA

By 26/09/2016Aprile 28th, 2020No Comments


Jesús Casla

Terapeuta di BioDecodificazione –

Decodifica Biologica

e Ipnosi Clinica Riparatrice

https://www.dbr-casla.com/

 

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Circa l´80% delle donne in età fertile, spesso dopo la gravidanza, soffre di Sindrome Premestruale, ovvero di quell´insieme di alterazioni somatiche e psicologiche connesse al ciclo mestruale e capaci di interferire seriamente con il normale svolgersi della vita quotidiana.

Molteplici fattori culturali, sociali, familiari e personali si sommano nel quadro clinico di questo disturbo nel quale sono riconoscibili malesseri sia fisici che emotivi: ritenzione di liquidi, mal di testa, gas, ipersensibilità del seno, stitichezza, mal di stomaco, colon irritabile, dolori muscolari e articolari, mal di schiena, insieme a irritabilità, sensi di colpa, paure, tristezza e scoraggiamento.

Il Disturbo Disforico Premestruale, conosciuto anche come Sindrome Disforica Premestruale, si caratterizza per un alterazione molto intensa e invalidante dei sintomi della Sindrome Premestruale. I normali cambiamenti ormonali che definiscono e inducono le differenti fase del ciclo mestruale, si associano spesso a una serie di cambiamenti del tono dell´umore, della temperatura corporea e dell´appetito. La Sindrome Disforica Premestruale si caratterizza per un´esacerbazione dei cambiamenti somatici e psichici che hanno luogo nella fase luteinica del ciclo mestruale, cioè nella fase che segue l´ovulazione; conosciuta anche come Disordine della Fase Luteinica, si presenta circa dieci giorni prima delle perdite mestruali.

Abitualmente, i sintomi emotivi, comportamentali e fisici caratteristici della Sindrome Disforica Premestruale terminano con l´arrivo della mestruazione. Possiamo supporre che le alterazioni mestruali, intese come manifestazioni di conflitti e problemi emotivo della donna, esistano sin dall’antichita’. Già nel secolo IV a.C. Ippocrate (460 – 370 a. C.) osservava e descriveva disturbi ascrivibile a quella che oggi chiamiamo Sindrome Disforica Premestruale e nell´XI secolo la dottoressa italiana Trotula Di Salerno riporta nei suoi studi di medicina “femminile” il fatto che per molte donne i sintomi di quello che oggi chiameremmo Disturbo Disforico Premestruale , terminano all´arrivo delle mestruazioni.

Se la Sindrome Premestruale colpisce come abbiamo visto, ben più del 50% delle donne in età  fertile, l´incidenze della Sindrome Disforica Premenstruale è invece di molto inferiore: si calcola che ne soffra approssimativamente il 5% di quest´ultime. Comunemente si presenta dopo circa i 20 anni di età, non coincide quindi con il menarca e risulta più invalidante durante la quarta decade della vita. Il Disturbo Disforico ha pesanti ripercussioni nella vita fisica e psichica della donna, con interferenze invalidanti nelle sue relazioni familiari, professionali e sociali.

Sebbene i sintomi associati alla Sindrome Premestruale siano gli stessi del Disturbo Disforico Premestruale, la peculiarità del secondo risiede nella notevole accentuazione e predominanza dei sintomi emotivi rispetto a quelli fisici. Molto spesso il Disturbo Disforico Premestruale si manifesta in donne che hanno sofferto o soffrono di depressione o con evidenze depressive.

Nella Sindrome Disforica Premestruale si distinguono due fasi:

Fase Follicolare o Proliferativa: dall´inizio della mestruazione sino all´inizio dell´ovulazioni, cioè dal 1º al 13º giorno del ciclo circa. Corrisponde alla fase di pre-ovulazione, quando la proliferazione ormonale fa sì che il tessuto uterino cresca. Le ovaie secernono estrogeni, l´ovulo matura e l´endometrio si inspessisce.

Fase Luteinica o Secretoria: corrisponde alla fase post-ovulatoria, dall´ovulazione sino al sanguinamento mestruale, circa dal 13º al 28º giorno del ciclo. Se l´ovulo non è stato fecondato si disintegra e viene eliminato con le perdite mestruali.

Tra i tipici sintomi del Disturbo Disforico Premestruale si sottolineano i seguenti:

Depressione, tristezza, sfiducia, attacchi di pianto e instabilità emotiva.

Pensieri suicidi.

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Disturbi della personalità.

Ansia, angoscia, disperazione.

Ira e irritabilità accentuata.

Perdita di interesse per le cose.

Difficoltà di concentrazione.

Fatica.

Appetito eccessivo o voglie intense di determinati alimenti.

Sovrappeso.

Insonnia

Attacchi di panico o sensazione di “perdere il controllo”.

Ipersensibilità e gonfiore al seno.

Mal di testa .

Gonfiore addominale, dolori muscolari e articolari.

Si diagnostica l´esistenza del Disturbo Disforico Premestruale se nei giorni antecedenti la mestruazione si manifestano almeno cinque dei sintomi menzionati, principalmente quelli emotivi e se questi, si presentano con un´intensità capace di interferire con il normale svolgimento della vita quotidiana, lavorativa, di studio o personale. I sintomi devono presentarsi per almeno tre cicli consecutivi.

La presenza d´importanti alterazioni emotive fa sì che le donne che soffrono del Disturbo Disforico Premestruale si sentano particolarmente fragili durante la Fase Luteinica del ciclo mestruale. È comune che descrivano sensazioni di pesantezza alle estremità e lentezza nei movimenti. A tutto questo si aggiungono le difficoltà nel dormire e la fatica accumulata che aumentano il senso d´angoscia, l´irritabilità e il disagio.

Attraverso la Decodifica Biologica dei sintomi che fanno parte del quadro clinico del Disturbo Disforicio Premestruale possiamo accedere ai vissuti e ai conflitti emotivi che la donna affronta o ha affrontato nella sua vita, sottolineando che il sintomo più significativo e fortemente caratterizzante di questa sindrome è la depressione; un profondo sentimento di tristezza e sfiducia che non esclude pensieri suicidi nel 8% dei casi.

Se leggiamo il sintomo somatico come espressione di contenuti inconsci, il Disturbo Disforico Premestruale rivela che la donna che ne soffre, vive la propria condizione di donna con fragilità e auto-svalutazione, sentimenti che si somatizzano con i caratteristici dolori articolari presenti nel disturbo. È una donna che probabilmente non si è sentita riconosciuta dalla famiglia o dai fratelli durante la propria infanzia. Sente che non fu rispettata la sua identità e che non potè mai occupare il “proprio posto” nel contesto familiare. Spesso sono donne che da bambine furono obbligate per circostanze familiari, a maturare troppo presto, forse obbligate ad assumersi responsabilità non loro (ad esempio prendersi cura dei fratelli o del padre o della propria madre malata). Furono rubate loro per sempre, parti cruciali dell´infanzia e dell´adolescenza perchè costrette a comportarsi da donne-bambine. Queste donne sentono a livello profondo, di non aver vissuto la propria vita o di non averne mai potuto avere il pieno controllo poichè non furono rispettati i loro diritti di bambine. Questo è il “sentire” che sta all´origine della sfiducia e dell´abbattimento di oggi. Sono donne che continuano a portare dentro, questioni irrisolte con i propri genitori nate durante le prime tappe della loro vita. Albergano ancora emozioni “in sospeso”, represse e irrisolte, rimaste registrate a livello inconscio. Con questa fragilità di fondo si percepiscono come vittime e si autocommiserano . In casi estremi possono tentare il suicidio o ne accarezzano il pensiero. Per loro infatti il suicidio può diventare una forma “disequilibrata” per catturare l´attenzione proprio di coloro verso i quali sopravvive il rancore; sopravvive ancora in loro la rabbia inconscia di quelle bambine non rispettate nei loro bisogni fondamentali di riconoscimento, accudimento e cura.

La fragilità e le emozioni non elaborate del passato lasciano spazio a paure e ad atteggiamenti vittimisti e fatalisti. Sono donne che si scoraggiano facilmente, ricadendo in stati di angoscia e ansia. Si sentono soffocare da scenari futuri che già prevedono disastrosi. L´angoscia e il panico le portano ad apatia e pensieri nagativi nei confronti del lavoro, della famiglia o delle relazioni personali. In sostanza sono donne che rimangono agganciate a capitoli dolorosi della propria passato che non sono state in grado di chiudere, prigioniere di un circolo vizioso di cui non trovano l´uscita. Non riescono a digerire il trauma, ma uniscono al sentirsi vittima, un senso di colpa, spesso inconsapevole, per non essere state in grado di gestire la situazione in altro modo. L´attaccamento al passato traumatico unito all´incapacità di azioni risolutive o prese di coscienza evolutive rispetto al problema, si somatizzano in insonnia e mal di testa, sintomi tanto comuni nei casi di Disturbo Disforico Premestruale.

La donna che soffre di questo problema si autosvaluta e di norma antepone i bisogni delle altre persone (partner, figli, ecc.) ai propri. La sua bassa autostima come madre, come sposa e come donna, la porta a sacrificarsi oltremisura per gli altri mentre esige sempre troppo da sè stessa. Si impegna sempre molto per tutti a scapito dei propri bisogni, proprio per la sua insicurezza, la sua fragilità, la sua paura della solitudine e dell´abbandono. E se questo si verifica per davvero con grande probabilità, attiverà programmi biologici di sovrappeso e ritenzione di liquidi.

La donna che soffre di Disturbo Disforico Premestruale ha interiorizzato la credenza che in giovane età per il fatto che fosse una femmina, non rispettarono il suo spazio e non le riconobbero la sua unicità individuale. Di più: imputa la sua fragilità e la bassa autostima proprio alla sua condizione di essere una donna. Ecco perchè a livello profondo rifiuta il suo essere donna, la propria identità femminile, che considera a livello inconscio, la causa principale dell´ingiustizia subita. È spesso questo il tipo di “vissuto psichico” che a livello fisico produce alterazioni nel ciclo mestruale. Il Disturbo Disforico Premestruale non è l´eccezione, ma anzi la conferma estrema, del rifiuto del proprio corpo (in quanto simbolo materializzato del proprio “femminile”), rifiuto della propria condizione di “femmina” e quindi, per estensione, rifiuto della propria sessualità perchè percepita viste le regole familiari con cui è cresciuta e o le regole sociali e culturali predominanti, come condizionante e limitante. Vive e sente tutto questo con un senso di impotenza, come un´imposizione.

Per riassumere, il Disturbo Disforico Premestruale manifesta somaticamente la credenza di non essere stata sufficientemente considerata e di essere stata trattata ingiustamente. La donna in questione si sente fragile, senza protezione e vulnerabile. Per questo è così  comune che perda ogni motivazione e interesse incluso per cose che prima risvegliavano la sua attenzione. Vivrà sensazioni di blocco che non faranno che accentuare le sue paure.

Per affrontare in terapia il Disturbo Disforico Premestruale sarà necessario analizzare nel dettaglio come furono l´infanzia e l´adolescenza della paziente, l´ambiente familiare in cui crebbe e sopratutto la relazione che ebbe con i suoi genitori. Questo disturbo risponde a un conflitto emotivo profondo che si innesca nella prima fase della vita; poche volte nasce relazionato solamente con problemi relativi al vissuto di coppia. È inoltre molto importante lo studio del suo Trans-generazionale e del suo Progetto-Senso per poter conoscere le memorie inconsce ricevute al momento del concepimento, memorie ereditate da altre donne del clan o trasmesse dalla propria madre. Potrebbero essere esperienze di antenate che soffrirono del medesimo problema o di donne che vissero situazioni di svalutazione, depressione, ecc. Tutto questo permetterà alla paziente di prendere consapevolezza di che conflitto o di che conflitti emotivi si nascondono dietro il suo Disturbo Disforico Premestruale. La presa di coscienza renderà possibile la disattivazione della memoria inconscia e la conseguente guarigione del malessere.